La fine del mese di ottobre mi ha visto impegnato in una missione molto importante e delicata. Sono partito per l’Armenia, teatro il mese scorso dell’ennesima criminale aggressione operata dall’Azerbaijan e connotata da violenti scontri di frontiera con oltre 200 morti, sempre per via dell’irrisolta questione inerente lo status del Nagorno-Karabakh, regione a larghissima maggioranza etnica armena in un territorio formalmente azero (per via delle frontiere improvvidamente tracciate ai tempi sovietici), un conflitto fortemente riacutizzatosi anche nel 2020.
L’Armenia è sempre stata storicamente vicina alla Russia, sin dai tempi dell’Impero zarista e delle persecuzioni ottomane sfociate poi nel terribile genocidio (a tutt’oggi ancora incredibilmente e vergognosamente negato dalle autorità turche), alla quale è legata anche da un patto difensivo bilaterale e dall’essere entrambe membri dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), l’equivalente russo della NATO. Eppure, nonostante le accorate richieste armene di aiuto di fronte agli attacchi azeri e l’obbligo legale ai sensi del trattato, Mosca nulla ha fatto per aiutare e proteggere i propri alleati (ricordiamo che essendo un importante produttore di gas e petrolio Baku ha ben altri mezzi rispetto a Yerevan, con un bilancio della difesa che è superiore all’intero bilancio statale armeno, e che la Turchia di Erdogan sostiene incondizionatamente e in ogni modo l’alleato azero nelle sue pretese, come già dimostrato proprio nel 2020).
Durante questi scontri sono stati commessi numerosi crimini contro l’umanità, tra cui un’atroce esecuzione di massa di prigionieri di guerra armeni, soldatesse e soldati coraggiosi che, a quanto si vede nei video, avrebbero subito orribili torture e mutilazioni e profanazioni del proprio cadavere.
Mai come in questo momento è necessario far sentir la nostra vicinanza al popolo armeno e adoperarci affinché la gravissima situazione del conflitto ucraino non lasci cadere nel dimenticatoio altre crisi non meno importanti: la pace non deve mai essere l’ultima opzione.