Il Presidente Trump chiude un accordo di vendita di armi con l’Arabia Saudita per un totale di 320 miliardi di euro. In Yemen una nuova epidemia di colera colpisce più di 80.000 persone, causando 676 morti. C’è il rischio che 200.000 persone vengano contagiate nei prossimi mesi.
I continui bombardamenti di una coalizione di Stati, guidati proprio dall’Arabia Saudita – 320 quelli verificati dall’ONU – e poi bombardamenti indiscriminati, spesso e volentieri anche su obiettivi civili, con bombe comprate anche dalle industrie belliche di alcuni Stati membri dell’Unione, tra cui quella italiana, della quale l’Arabia Saudita è il sesto cliente a livello mondiale. L’ultimo di questi bombardamenti ha colpito proprio un centro di trattamento per i pazienti affetti da colera, domenica notte, uccidendo e ferendo un numero imprecisato di persone. Un bambino muore ogni dieci minuti, dato confermato sempre dall’ONU. I dati sono spaventosi: 3 milioni di rifugiati interni, 10.000 morti e 44.000 feriti dall’inizio delle ostilità. Si tratta della più grande crisi umanitaria di questo secolo, con oltre 9,6 milioni di bambini che necessitano di assistenza umanitaria.
Questo è quello che avviene in Yemen: una guerra per procura, un massacro sotto silenzio. Forse perché non è implicata la Russia, forse perché i rifugiati, a differenza di altri casi che ben conosciamo, sono tutti interni, bloccati dalla geografia del paese, incastonato tra deserto e oceano, e quindi per qualcuno ci riguardano meno. Lo Yemen è un paese a pezzi, distrutto. Quello che era uno dei più antichi centri di civiltà del mondo intero, dove nacque e morì il Regno di Saba, ormai è soltanto macerie. Di questa situazione soffrono i civili e ne approfittano i terroristi, che come un virus prendono potere e si allargano nel paese.
Abbiamo stanziato 116 milioni di euro, ma ne servirebbero oltre 2 miliardi. Bisogna fare di più. Abbiamo votato l’anno scorso, a febbraio, un embargo sugli armamenti verso l’Arabia Saudita. Questo è l’unico vero segnale forte e necessario, uno dei pochi strumenti che abbiamo a disposizione per mostrare che siamo seri, ma anche qui molti vogliono il business as usual e allora si diventa complici. Noi chiediamo una soluzione politica, l’unica accettabile sebbene estremamente difficile, e i bambini invece continuano a morire, uno ogni dieci minuti. E quelle bombe sono anche bombe europee.