Esprimere la propria opinione e difendere i diritti umani anche a costo di pagare un prezzo altissimo: la perdita della propria libertà. È successo a Dzmitry Paliyenka, un ragazzo di 23 anni rinchiuso in carcere e condannato a scontare una pena ingiusta e ingiustificata.
Durante la Plenaria di Strasburgo, sono intervenuto per denunciare la delicata situazione che sta vivendo la Bielorussia ed ho avanzato le nostre richieste alle autorità.
Nel mio intervento ho ricordato che la mattina del 29 aprile 2016, durante una protesta pacifica per i diritti dei ciclisti, l’attivista bielorusso Dzmitry Paliyenka veniva arrestato dalla polizia. Questo ragazzo di 23 anni si trova ancora nel carcere di Babrujsk. Deve trascorrere ogni mese dieci giorni in isolamento, la posta non gli viene recapitata, i contatti con l’esterno sono al minimo e i pochi incontri con padre e avvocato strettamente sorvegliati.
Come Dzmitry, tanti altri attivisti e difensori dei diritti umani sono imprigionati e sottoposti a trattamenti disumani. La loro colpa: svolgere il loro lavoro, esprimere un’opinione. Una situazione che dura da vent’anni e, nonostante la Bielorussia abbia fatto dei timidi progressi nel partenariato orientale, i diritti umani continuano ad essere calpestati.
Chiediamo alle autorità bielorusse di porre fine immediatamente e incondizionatamente alla censura delle testate giornalistiche indipendenti, alla persecuzione di attivisti, blogger e giornalisti e, soprattutto, di garantire la libertà e i diritti ai cittadini bielorussi e di abolire l’inaccettabile pena di morte, una vergogna per l’intera Europa.