L’Italia vuole giocare di sponda con l’Europa per
evitare che la crisi in Libia degeneri in un conflitto senza fine, ma per far
questo bisogna porre fine “all’ipocrisia” di alcuni partner comunitari, Francia
in primis. A dirlo è il vicepresidente del Parlamento europeo, Fabio Massimo Castaldo,
in un’intervista concessa ad “Agenzia Nova”. Il ministro degli Esteri
dell’Italia, Luigi Di Maio, ha recentemente annunciato l’intenzione di proporre
un piano europeo per la ricostruzione della Libia. “Si tratta di uno stimolo
importante e corretto per cercare di mettere in sinergia gli sforzi che possono
arrivare sia da paesi europei che extraeuropei, per garantire che la Libia
possa tornare a essere un vero e proprio Stato, in grado di controllare le
proprie frontiere e assolvere i compiti necessari nei confronti della
popolazione”, afferma Castaldo. Il vicepresidente ha auspicato anche uno
“sforzo congiunto” in Europa nel campo dello sminamento. “L’Italia si è messa
in prima linea inviando truppe specializzate per mettere in sicurezza la Tripolitania
e auspichiamo che anche su questo ci sia uno sforzo congiunto anche di altri
paesi europei, e non solo, per procedere velocemente in questa direzione:
maggiore sarà il contributo, più velocemente sarà possibile mettere in
sicurezza la Tripolitania, in particolare zone fortemente urbanizzate”, afferma
ancora Castaldo.
E’ di almeno 47 morti e 80 feriti il bilancio
delle vittime delle mine anti-uomo nelle città di Tripoli e Sirte, in Libia,
dal 20 maggio 2020 al 20 giugno scorso. Secondo il ministero della Difesa del
Governo di accordo nazionale libico, si sono registrati 63 incidenti a causa
delle mine che hanno provocato 127 vittime tra morti e feriti. Tra queste
vittime la maggioranza, 123, sono uomini mentre sono quattro le donne. Il 47
per cento delle vittime (55), è costituito da operatori specializzati nello
sminamento del ministero della Difesa, mentre il restante 53 per cento (72) da
civili. L’età di chi è stato colpito dalle mine in Libia va dai 4 ai 65 anni.
“Abbiamo visto questa bellissima iniziava che ha portato il personale altamente
qualificato delle nostre Forze armate a sminare ampie porzioni di territorio
minato da parte del genere Haftar e delle sue milizie durante l’avanzata nei
mesi precedenti, commettendo in questo un vero e proprio crimine di guerra”,
afferma ancora Castaldo. “Un prezzo terribile per questa condotta lo stanno
pagando civili inermi che vengono tutti i giorni dilaniati o feriti gravemente
da queste mine antiuomo”, aggiunge il vicepresidente dell’Europarlamento.
Quanto alla ricostruzione della Libia, secondo Castaldo, è prima necessario raggiungere una solida soluzione diplomatica e politica al conflitto. “Ma una precondizione per ottenere questo risultato è che ci sia unità vera e non ipocrita unità europea. Troppo spesso negli ultimi anni abbiamo ravvisato da parte di alcuni paesi delle condotte un po’ ambigue. Sappiamo, ad esempio, che la Francia in più occasioni, nonostante ufficialmente si allineasse alle posizioni dell’Alto rappresentante dell’Unione europea, è stata sospettata di avere delle simpatie per il generale Haftar”, afferma il vicepresidente del Parlamento europeo. Questa mancanza di concordia, secondo Castaldo, “ha diminuito la capacità dell’Ue di essere un mediatore credibile all’interno di questo conflitto, marginalizzandoci e creando una situazione per la quale altri attori extra-europei sono i veri deus ex machina e artefici delle fazioni in campo: da un lato la Turchia per la Tripolitania, dall’altro la Russia per la Cirenaica”. In questo contesto diventa “assolutamente necessario” scongiurare una partizione de facto del paese in zone di influenza eterodirette. “Il rischio è di non avere quindi una riunificazione delle istituzioni e non procedere poi al disarmo delle milizie, ma semplicemente di fare della Libia un conflitto a bassa intensità prolungato nel tempo”.
La postura dell’Italia, secondo il vicepresidente dell’Europarlamento, intende favorire un dialogo e un rilancio degli accordi e degli impegni che erano stati presi nella conferenza di Berlino, poi disattesi proprio dall’avanzata militare di Haftar. “E’ necessario il coinvolgimento di tutti gli attori regionali all’interno di questo processo a partire dalla Turchia, passando per l’Egitto, i paesi del Golfo e la Russia. Serve un impegno concreto per far capire a tutti i contendenti che la soluzione militare alla lunga è insostenibile, perché potrebbe essere foriera di ulteriori conflitti, e soprattutto creerebbe una instabilità permanente all’interno del paese che non possiamo in alcun modo accettare”. Per questo, afferma Castaldo, serve “un’Unione europea forte e credibile, che sia pronta ad assolvere i propri compiti”. Ecco perché, secondo il vicepresidente dell’Eurocamera, è necessario ampliare il mandato della missione europea Irini. “Sappiamo che ci sono ampi ingressi di armi anche dal fronte terrestre e da quello aereo. E’ di capitale importanza immaginare un’espansione del mandato in pieno accordo con le Nazioni Unite. Questo però richiede che gli Stati membri provvedano a dare ampi asset operativi sul campo e che ci sia un impegno da parte di altri attori terzi regionali a rispettare questo ruolo. Le tensioni avvenute negli ultimi giorni sicuramente non aiutano in questo senso”, afferma Castaldo.
Secondo il vicepresidente dell’Europarlamento, per
molti paesi dell’est e del nord Europa la Libia viene vista come un problema
eminentemente italiano, tuttalpiù dei paesi mediterranei come Grecia e Spagna.
“Non capiscono che le frontiere dell’Unione Europea sono le frontiere di tutti,
non soltanto dei paesi di quella determinata area geografica”, aggiunge il
vicepresidente. Per quanto riguarda la missione Irini il problema è non
soltanto una questione di assett ma anche di mandato: “Ricalcando in parte le
impostazioni della precedente missione EuNavFor Med Sophia, si è voluto
limitare la missione soltanto ai traffici marittimi, senza comprendere che
invece è necessario avere una visione più olistica e integrata di questa
azione. Una visione che in questo caso porta con sé un necessario livello di
ambizione e di impegno molto più gravoso. E qui, a parte l’Italia e la Grecia e
pochi altri, vari paesi europei trascurano il teatro ritenendolo secondario,
senza capire che invece la Libia è diventata un buco nero di instabilità a
ridosso delle nostre frontiere, che apre una maglia particolarmente pericolosa
del nostro vicinato”.
Castaldo ha accolto con favore la controproposta
libica al Memorandum d’intesa fra Italia e Libia sulla cooperazione nel campo
dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri
umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere. La
bozza, come anticipato ad “Agenzia Nova” dall’ambasciatore della Libia a Roma,
Omar Tarhuni, è stata consegnata al capo della diplomazia italiana in occasione
della sua visita a Tripoli il 24 giugno. “L’iniziativa del ministro Di Maio
porterà non solo a un miglioramento anche del rispetto dei diritti umani nella
gestione dell’immigrazione, ma anche a una maggiore cooperazione sul campo con
le agenzie delle Nazioni Unite”, aggiunge il vicepresidente.
“Si deve far comprendere ai paesi europei che il
problema libico è un problema europeo e non è solamente un problema italiano o
mediterraneo”, aggiunge ancora Castaldo. Per questo bisogna inserire questo
percorso all’interno di una più ampia riflessione delle politiche di vicinato e
impegno anche nella sicurezza e nella difesa dell’Unione. “Questo ci consentirà
di far comprendere quanto si possa fare la differenza e quanto questo possa far
percepire anche agli attori intralibici che l’Unione europea non ha la volontà
di instaurare un’agenda a favore di una fazione o dell’altra, ma piuttosto di
garantire un’ordinata transizione democratica e un coinvolgimento delle varie
realtà locali e tribali all’interno di un processo di pace che sia veramente
inclusivo. Un processo – ricorda Castaldo – che nasceva intralibico ed è
diventato sempre più una guerra per procura, quasi a tratti una guerra aperta
tra le potenze coinvolte della regione, e che invece deve tornare a essere
intralibico con un impegno serio, concreto e puntale delle potenze regionali”.
In questo contesto può essere estremamente
prezioso il ruolo di mediazione di due paesi confinanti, di lingua araba, di
religione islamica sunnita, quindi molto vicini culturalmente alla Libia:
Tunisia e Algeria. “Sono Paesi – commenta Castaldo che non sono portatori di
una agenda geopolitica in Libia, ma che hanno tutto l’interesse a rivedere una
stabilità e piena partecipazione delle varie componenti e fazioni verso un
processo di pace. Paesi che riconoscono giustamente il governo internazionalmente
riconosciuto di Sarraj come l’interlocutore con cui costruire questo percorso
di riavvicinamento interno e che potrebbero assurgere ancora di più a mediatori
naturali”.
L’auspicio è che dal confronto con questi paesi
possa nascere un’ulteriore occasione per riaprire il processo di pace. “Anche
l’annuncio fatto al Cairo dal presidente (Abdel Fatah) Al Sisi di un cessate il
fuoco e di un impegno egiziano in questo senso deve essere colto e messo a
sistema. Le tensioni sul campo restano forti”, precisa ancora il vicepresidente
del Parlamento europeo. “C’è in questo momento un’avanzata delle forze di
Sarraj verso Sirte che in qualche modo è vista poi come una potenziale linea
rossa all’interno del paese che se travalicata potrebbe portare a un intervento
diretto dell’Egitto o di altre potenze. Noi crediamo invece che tramite un
confronto costruttivo e un dialogo molto serrato con i vari attori si possa
cercare di trovare un primo punto d’incontro”.
Nove anni di instabilità in Libia hanno
dimostrato che nessuno è in grado di prevalere sul campo militare. “C’è una
stanchezza anche economica e militare. Ormai le singole fazioni si appoggiano
molto anche all’uso di mercenari esterni che vengono costantemente reclutati
dalle forze in campo e questa situazione si configura come insostenibile dal
punto di vista economica e sociale”, aggiunge Castaldo. “Se si consolida questa
situazione di potere, Russia e Turchia non diventano soltanto padroni del campo
ma anche padrini delle fazioni in questo momento presenti nello scacchiere
libico, determinandone gli indirizzi e applicando una sorta di modello siriano
al conflitto libico”, aggiunge il vicepresidente. Uno scenario da evitare sia
per l’Unione Europa che per la Nato. “E’ questo il momento di rilanciare fortemente
il processo politico. La presenza italiana nella missione Irini dimostra quanto
l’impegno sia chiaro, netto e totalmente prioritario nella nostra agenda. Non
mancherò di sollecitare i colleghi e altre sensibilità geografiche all’interno
dell’Unione per capire che non si può perdere altro tempo dopo quasi 10 anni di
conflitto. E’ ora di creare uno spazio franco e sincero, senza ambiguità e
appoggio incoerente o indiretto ad altre fazioni, ma semplicemente favorendo il
dialogo. Si tratta di un compito difficile. L’Italia vuole essere protagonista.
Pena sarebbe essere dei vicini irrilevanti, ‘payers’ e non ‘players’
all’interno del processo di pace”, conclude Castaldo.